Orizzonti di gloria

Luglio 28th, 2012 by cavallette

Traferito il 24 luglio Alberto, uno degli imputati condannati per i fatti di Genova 2001 , dal carcere di Rebibbia a quello di Capanne a Perugia. Nessuno era stato informato, solo oggi è arrivato un telegramma da parte sua, che annunciava dell’avvenuto trasferimento.

Per scrivergli :
Alberto Funaro
Casa Circondariale Capanne
Via Pievaiola 252
06132 Perugia

Riproponiamo qui l’articolo di wu ming con un consiglio: in molte citta’ nelle arene di cinema estive stanno proiettando Diaz, stampate il testo e andate a distribuirlo alle proiezioni. Noi lo stiamo facendo, lo stile del testo si presta, le persone sono interessate.

Genova 2001 e la sentenza 10×100 | Orizzonti di gloria

E’ chiaro che stanotte non c’è nessuna gloria. E domattina nessun orizzonte. Era antifrastico anche il titolo del film di Stanley Kubrick, uno dei più belli contro l’ottusità antiumana del militarismo. La trama è nota: durante la Prima Guerra mondiale, sul fronte occidentale, un inetto generale francese lancia un impossibile attacco contro una fortificazione tedesca. Le truppe francesi non riescono nemmeno a uscire dalle trincee, vengono falciate dalle mitragliatrici, ricacciate indietro. L’attacco è una catastrofe colossale. Per non passare da incapace, il generale addossa la colpa alla codardia dei suoi soldati e chiede che ne vengano fucilati cento, estratti a sorte. L’Alto Comando gliene concede tre. Tre capri espiatori, che pagheranno per tutti, anche se la colpa non è di nessuno, o meglio, è di chi stava in alto. Di chi ha voluto quella guerra.

La giustizia italiana, stasera, non è diversa da quella militare nel film di Kubrick (che si ispirava a un fatto realmente accaduto). Anche lì c’era un bravo avvocato difensore, che veniva sconfitto da una sentenza grottesca, quasi caricaturale per la sua assurdità.
La giustizia italiana ha deciso che cinque persone pagheranno per tutti. Altre cinque potrebbero aggiungersi. E così si ottiene il pari e patta politico con la sentenza sull’assalto alle scuole Diaz. Poco importa che le condanne dei poliziotti riguardino il pestaggio e il massacro preordinato di persone, per di più indifese, mentre quelle dei manifestanti siano motivate dalla distruzione di cose, di oggetti inanimati, in mezzo al caos generalizzato. Qualcuno di loro si becca dieci anni di galera.

Dieci anni. Quasi lo stesso tempo che è intercorso da allora. Nel frattempo le vite di quelle persone sono diventate chissà cos’altro rispetto a quei giorni. Nel frattempo i danni materiali alle cose sono stati riparati, le assicurazioni hanno risarcito, il mondo è cambiato. Nel frattempo sono scorse in loop su ogni canale di comunicazione, fino a diventare parte dell’immaginario collettivo, le immagini di cosa è stata Genova in quei giorni, del comportamento delle forze dell’ordine, del clima che si era creato. Nel frattempo sul G8 di Genova sono stati girati documentari e film, pubblicate decine di libri, scritti fiumi d’inchiostro. E dopo tutto questo, deve arrivare la sentenza che pretende di fare pagare il conto a dieci persone, metaforicamente estratte a sorte dal destino, per via di un filmato piuttosto che di un altro, di una foto scattata un secondo prima anziché un secondo dopo. I tre soldati del film di Kubrick.

Io ero a Genova nel luglio di undici anni fa. Ero dietro la prima fila di scudi di plexiglass in via Tolemaide, quando il corteo è stato caricato a freddo e asfissiato col gas, in un tratto di percorso autorizzato. Con alle spalle diecimila persone non era possibile arretrare, e l’unica soluzione per salvarci e impedire che la gente venisse schiacciata è stata respingere le cariche come si poteva, e alla fine, dopo il disastro, dopo la battaglia, dopo la morte, proteggere la coda del corteo che tornava indietro sotto i getti degli idranti. E c’ero anche il giorno dopo, insieme a tanti altri, a inerpicarci su per stradine e sentieri con gli elicotteri sulla testa, fino sopra la città, per riportare tutti alla base.

Io avrei potuto essere uno di loro. Uno di questi fanti estratti a sorte. Invece sono qui che scrivo, nel cuore della notte, incapace di dormire, già sapendo che domani andrà meglio, che dormirò di più, e che piano piano potrò concedermi il lusso di ridurre tutto a un brutto ricordo lontano. Loro no. Le vite che hanno condotto in questi undici anni si interrompono e Genova ricomincia da capo.

Questo paese fa la fine che si merita. A Genova nel 2001 manifestavamo contro il potere oligarchico dei grandi organismi economici internazionali. Pensavamo soprattutto alle fallimentari cure neoliberiste che il FMI imponeva ai paesi più poveri, devastando le loro economie col ricatto e strozzandoli col meccanismo del debito. Oggi quella cura tocca a noi. In Italia comandano i commissari non eletti della Banca Centrale Europea, e applicano la stessa ricetta a base di tagli alla spesa pubblica, il cui scopo in definitiva si riduce a un enunciato semplice: salvare i ricchi.

Avevamo ragione.
Abbiamo perso.
Il nemico si tiene gli ostaggi.

Fino a quando la marea non monterà un’altra volta.

Genova non finisce. Non per ieri, ma per oggi e domani.

Luglio 22nd, 2012 by cavallette

Genova non finisce. Non per ieri, ma per oggi e domani.

L’accanimento, si sa, non conosce fine.
Quello genovese dura da undici anni.
Undici anni e poi quello che si vorrebbe fosse l’atto risolutivo: la sentenza di condanna definitiva inflitta dalla Corte di Cassazione a dieci manifestanti. Una decisione emessa in un momento tutto particolare: mentre il modello neoliberista esplode nella più lunga crisi economica degli ultimi 40 anni e in tutta Europa si restringono gli spazi dei diritti conquistati e le espressione del conflitto.

I reati di “devastazione e saccheggio” li ereditiamo dal codice penale fascista ancora in vigore, un abominio giuridico utilizzato in maniera del tutto discrezionale e “politica” per infliggere condanne esemplari.
Condanne che qualcuno doveva prendersi la briga di spiegare: in cosa, esattamente, sarebbero consistiti “devastazione e saccheggio”, e perché sarebbero stati causati proprio da quelle dieci persone, tra le centinaia di migliaia che erano a Genova? Non si è risparmiato il Procuratore Generale Gaeta, sostenendo nella sua requisitoria che, questi reati di derivazione fascista sono da reinterpretare in funzione repubblicana, legata alla necessità di tutelare la libertà di pensiero e di manifestare.

Ricordiamo bene, come questo stato e le sue “forze dell’ordine” tutelarono la libertà di manifestare durante il G8 del 2001, quando si determinò “la più grave sospensione dei diritti democratici dal secondo dopoguerra in un paese occidentale”. Ricordiamo la devastazione dei corpi e del pensiero prodotti dalla militarizzazione di una città intera, dalle informative deviate, le frontiere chiuse, le cariche feroci, gli spari, i gas cs, gli arresti arbitrari, le torture, i pestaggi, le falsificazioni e gli insabbiamenti.
Ricordiamo il saccheggio della vita di un ragazzo e la devastazione del suo corpo dopo la morte.

Su tutto questo, a undici anni di distanza l’autorità giudiziaria italiana ha pronunciato la sua verità: a Genova ci fu una repressione brutale e indiscriminata verso chi manifestava ma, non ci sono responsabilità politiche, ha pagato una parte della truppa ed una parte dei suoi comandanti sul campo. Il capo della polizia dell’epoca è stato nominato sottosegretario di questo governo e difende, pubblicamente, i suoi pretoriani. I manifestanti entrano in carcere.

Non ci aspettavamo niente di buono da questa sentenza.
Eppure, di fondo, restava la voglia di pensare che la realtà, a volte, sa anche sorprendere.
Ma la realtà di oggi è che almeno quattro dei dieci condannati sono destinati al carcere.
Sulla loro pelle si manda un segnale a tutti e a tutte: d’ora in poi, basterà osservare qualcun rompere una vetrina per prendersi dai 6 anni in su. Se poi si aiuta a romperla, gli anni sono almeno dieci.
Dopo questa sentenza, possiamo dire che le vetrine hanno vinto sulle persone.
Inoltre il messaggio è inequivocabile: non provate a scendere in piazza o a manifestare nelle strade, tutti e tutte a casa a subire la crisi senza fare storie.

La campagna 10×100 si è sviluppata su dieci persone e il loro destino ma pensiamo sia riuscita anche a produrre dei risultati politici. Non solo con la raccolta di tante firme ma anche informando una opinione pubblica fino ad oggi per la maggior parte all’oscuro dell’esistenza di questo reato e di come si stava chiudendo Genova2001. Un dibattito si è acceso anche sui media mainstream.
Ma la campagna non finisce qui. In un certo senso inizia ora.
Non solo perché vogliamo continuare a contribuire ad aprire ambiti di discussioni di libertà ma anche perché bisogna continuare a portare solidarietà a chi oggi si trova in carcere.

L’urgenza ora è proprio non lasciarli soli e sole.
Genova non finisce. Il sipario non si cala.

Per mandare lettere e telegrammi a Marina.

Marina Cugnaschi c/o Casa Circondariale San Vittore
Piazza Filangieri 2 – 20123 Milano

Per Fagiolino

Alberto Funaro c/o Rebibbia Nuovo Complesso
Via Raffaele Majetti 70 – 00156 Roma

Nonostante tutto…

Luglio 18th, 2012 by cavallette

Da qui a fine mese pubblichiamo le riflessioni che piu’ ci hanno colpito sulla sentenza di cassazione ai 10 imputati per “devastazione e saccheggio” del G8 2001.

da Fb, Elena Giuliani, sorella di Carlo

nonostante tutto, fratello, ci speravo questa sera di poterti sentire sorridere…
e invece… non gli è bastato giudicare il tuo assassinio come legittimo. Dopo undici anni, si sono voluti prendere altre vite. E non quelle di chi ha ucciso, torturato, massacrato, o quelle di chi ha ordinato i massacri o di chi ha assicurato protezione. Si sono presi ancora una volta le vite dei nostri compagni, dei nostri fratelli e sorelle. Hanno chiamato “devastazione e saccheggio” un po’ di vetri rotti, alcuni dei quali causati – forse – dai 10 imputati. Hanno chiamato “falso” il coma, le ossa e i denti rotti, il sangue, le torture e le minacce causate dalle forze dell’ordine che non hanno voluto identificare. Hanno chiamato legittimi il buco che un proiettile ha creato nella tua testa, la devastazione che un defender ha fatto sul tuo corpo, la ferita che una pietra ha causato sulla tua fronte, mentre eri steso tra decine di scarponi, quando il tuo cuore ancora gridava. Hanno dichiarato legittimo il saccheggio della tua vita. e oggi legittimano il saccheggio di altre vite.

Elena
13/7/2012

Faster activist, kill kill kill! [una politica lezione storica (o viceversa)]

Luglio 16th, 2012 by admin

[english version below]

La sentenza del 13 luglio 2012, 11 anni dopo i fatti del G8 di Genova, condanna 5 persone a una 50ina di anni di carcere. Per altre 5 rinvia la condanna a un’altra 50ina d’anni di qualche mese per far riesaminare a un tribunale alcune circostanze. Tutti sono o saranno condannati per aver devastato e saccheggiato la città di Genova. In 10. Devastato e saccheggiato. Che dire? Complimenti. Traiamone alcune conseguenze.

Se per caso aveste voglia di menare le mani impunemente, ricordate di arruolarvi prima nella Polizia di Stato, preferibilmente nel Reparto Celere, ma anche gli altri reparti non disdegnato di sfogarsi quando si può (in particolare i reparti antisommossa della Guardia di Finanza sono noti per avere ampia mano libera). Tranquilli, nessuno verrà a chiedervi conto di quello che avete fatto, e ogni denuncia per lesioni verrà derubricata al massimo ad eccessi benintenzionati. Non vi sognate di dire che avete menato qualcuno perché portava una celtica o perché aggrediva un negro, la cosa potrebbe costarvi molto molto cara.

Se per caso aveste voglia di spacciare grandi quantità di droga, magari in combutta con un’organizzazione criminale, invece, il vostro posto sono i ROS: anche se veniste condannati ad anni di galera, nessuno penserebbe mai di rinchiudervi in una cella. Al massimo vi riterrebbero poco furbi e poco accorti nella gestione delle vostre questioni personali. Se vi beccano con un po’ di ganja, ricordate di dire che era di Ganzer.

Se preferite invece sedervi sul petto di qualcuno fino a soffocarlo, dovrete riprendere in mano la vostra candidatura in PS, possibilmente con le volanti. Anche per l’uso di bastoni e mazze da baseball riferitevi alla stessa istituzione. Se avete un penchant per Carabinieri o Polizia Stradale invece ultimamente significa che non volete andare per il sottile: armi da fuoco a go-go, che sia da una camionetta, in mezzo a un’autostrada oppure a bruciapelo. Se prediligete la morte per maltrattamenti e digiuno, o la simulazione di suicidio, di solito è il corpo della Polizia Penitenziaria il più indicato.

Se siete interessati alla prostituzione o alla pedofilia (pratica o organizzazione delle stesse sono solo declinazioni della questione), invece, vi tocca un percorso più tortuoso: nella chiesa o in un partito, costruzione di rapporti, copertura istituzionale. Alla fine però, state sereni, nessuno pretenderà che veramente vi facciate carico di quello che combinate. Se volete rovinare la vita di migliaia di persone rubando i loro risparmi e mandandoli sul lastrico, oppure direttamente affamandoli con prestiti usurai, anche qui con la Politica vi toccherà avere a che fare, ma solo per garantivi spazio di manovra. Carcere e punizioni, non c’è da temere manco l’ombra.

Perché, soprattutto per quanto riguarda soldi e beni materiali, il problema non è tanto se ve ne appropriate e se lo fate con metodi violenti o subdoli: l’importante è che non lo facciate per motivi politici. Se dovete fare un furto, dite che l’avete fatto per avidità, o alla peggio per noia, ma non vi sognate di dire che l’avete fatto per fame o come atto dimostrativo: processo e condanne saranno assicurate, e non certo lievi. Non c’è problema a fare una rapina, l’importante è che non sia autofinanziamento. Così come non c’è alcun problema a distruggere un bar se avete una divisa o se avete litigato con la morosa, ma non vi sognate di dire che lo avete fatto per fermare l’avanzata di un plotone di miliziani e per difendervi: primo non vi crederà nessuno, e anche se vi credessero vi darebbero 6 anni per devastazione e saccheggio.

Le sentenze di Genova sono un’importante lezione. Ci spiegano che per la nostra società non è assolutamente rilevante quello che facciamo o quello che non facciamo, ma che il motivo per cui compiamo le nostre azioni è esiziale. Per questo è importante sapere da che parte stare, e imparare a fare quello che deve essere fatto, senza tanti proclami e fino in fondo. Perché il mondo in cui viviamo non merita la speranza che abbiamo riposto in esso in quei dannati, infiniti, lunghissimi giorni genovesi. Non merita che noi ci esponiamo per cambiarlo, che cerchiamo di comunicare con il mondo perché bisognerebbe fare tabula rasa del presente e del futuro che è stato pensato e deciso per tutti gli abitanti del pianeta (noi inclusi) senza che questi venissero interpellati. Soprattutto non lo meritano molti esseri umani. E ora sarà anche facile sapere chi. Basterà chiedere che cosa ne pensano di una sentenza. Nessuna giustizia, nessuna pace.



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Al di qua e al di là dalle vetrine

Luglio 14th, 2012 by cavallette

English version below

Tutte le vetrine del mondo oggi tirano un sospiro di sollievo. E’ arrivata quasi al termine una vicenda triste e dolorosa. Nel 2001 il rapporto che lega l’uomo contemporaneo alla vetrina aveva subito un pesante affronto. In quel luglio l’offesa era stata lavata nel sangue, come si conviene per le questioni d’onore. Non si deve infatti considerare la vetrina semplice manufatto, essa ha un suo valore intrinseco in cio’ che separa. C’e’ un di qua dalla vetrina e un al di la’ dalla medesima. L’al di la’ come sempre e’ cio’ che conta. L’uomo non e’ fatto per la futilita’ di questo luogo dove i corpi se spinti cadono e sanguinano e le voci urlano e gli occhi piangono.  L’uomo conosce realizzazione e felicita’ solo nell’al di la’ dalla vetrina.

In un’estate calda molte molte persone che pensavamo invece si potesse costruire la propria felicita’ nell’al di qua si riunirono. Nel caldo caldo del luglio essi provarono a dire che al di la’ della vetrina si cela il motivo di tanta sofferenza umana e di mille ingiuste ingiustizie.

La falsita’ di questi pensieri e’ chiara e evidente a tutti, ed anzi era parecchio che nell’al di la’ si attendeva un’occasione per la resa dei conti.

Nel nebbioso luglio s’imparti’ una severa, ma necessaria lezione. Qualcuno mori’, qualcuno si fece male nel corpo e nell’anima, ma fu tracciata con chiarezza la via. Si ribadi’ con forza un concetto importante: al di la’ c’e’ cio’ che conta, cio’ per cui vivere, sacrificarsi, soffrire. Al di la’, non al di qua.

Fu ristabilito l’unico e naturale equilibrio e a distanza di dieci anni possiamo permetterci di cristallizzare la storia con editti regi che sanciscano la vera verita’. I difensori dell’al di la’ tutto, vetrine comprese, siano lodati nei secoli dei secoli. Ma coloro che in fin del nostro bene hanno ecceduto siano blandamente puniti. Infatti fesso e’ colui che esagera lasciando prove evidenti del proprio misfatto, e mettendoci in imbarazzo. Apprezzabile invece chi sapientemente  di sabbia popola il deserto.

Per gli umani che pretendevano il riscatto dell’al di qua invece nessuna pieta’ vi fu allora, nessuna pieta’ vi sia adesso, ne’ mai. E se un giorno il mondo al di la’ delle vetrine implodera’  travolto dai cavalieri dell’apocalisse finanziaria, neppure allora vi sia pieta’ per costoro, e che salde rimangano le vetrine, ognuno al proprio posto. Difenderemo il castello di vetro con l’olio bollente, fino all’ultimo guardiano, fino all’ultima divinita’.

Cosi’ parlarono gli dei al di la’ delle vetrine che scricchiolano. Noi al di qua sentiamo i rumori e li guardiamo agitarsi e annaspare, grandi e grossi pesci rossi nell’acquario che si sono costruiti. Per nulla rassegnati o pronti ad ammettere che il loro mondo non sta in piedi. Hanno le idee chiare sul nostro futuro, noi molto meno. Lentamente impariamo dall’esperienza, e questo processo non e’ mai indolore. Spesso siamo costretti ad apprendere sulla pelle dei nostri compagni, mentre ci vediamo sottrarre gli amici. Funziona cosi’ nell’al di qua. La costruzione di una memoria collettiva che dia forza alle nostre idee e’ un processo lungo nel quale dobbiamo incamerare e far tesoro di tutto, felicita’ e  sofferenza.


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+ Kaos al Serio Rock Festival

Luglio 12th, 2012 by pinke

serio rock festival

 

Sabato 14 luglio – Cologno al Serio (Bg)

+ Kaos all’undicesima edizione del Serio Rock Festival.
Inizio prima dei concerti, accorrete..!

More info:
http://seriorockfestival.noblogs.org/

Verona: +Kaos a Brutticaratteri

Luglio 7th, 2012 by cavallette

Domenica 8 luglio +Kaos sarà presentato a Verona al festival di editoria e culture indipendenti Brutti Caratteri assieme all’ultimo numero di Ruggine. A seguire Electronic Girls in concerto.

Genova 2001: la storia della Diaz è finita 11 anni fa // Diaz story has already ended 11 years ago

Luglio 5th, 2012 by cavallette

[English version below]

Oggi, 5 luglio 2012, la Cassazione ha definitivamente condannato una dozzina di alti papaveri della polizia italiana per aver mentito, falsificato prove e verbali che giustificassero l’operazione di giustizia sommaria portata a termine la notte del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz-Pertini e Diaz-Pascoli dove si trovava un dormitorio e il media center di chi si era mobilitato contro il G8 di Genova e tutto ciò che rappresentava. Nel corso di questi 11 anni di processi più di metà degli imputati e delle imputazioni sono scivolate via, divorate dalla prescrizione e dal desiderio di insabbiare quello che è accaduto quella notte. Non è bastato, e per una volta siamo qui a fare i conti con una verità in tribunale che quanto meno rende merito del fatto che qualcosa di assurdo, di atroce e di terribile sia accaduto in quei giorni.

Però la storia di quell’irruzione, della sua insensatezza, dell’arroganza di chi l’ha ordita cercando vendetta e seminando violenza su gente inerme e addormentata, solo per rifarsi dell’umiliazione politica e di strada subita durante i due giorni genovesi, è finita molto tempo fa. La storia non si fa nei tribunali. I tribunali sono funzionali al potere di cui fanno parte e al massimo possono farsi carico di giudicare una parte della storia (che non tutti i fatti sono rilevanti per un giudice e per la giustizia). La storia siamo noi; la storia è quella che tutti quelli che erano lì hanno vissuto e raccontato in questi anni, ed è molto più terribile di una manciata d’anni di condanne e della consolazione di una richiesta (che non verrà esaudita) di vedere questa gente espulsa da ciò che li rende più tronfi (il corpo); è quella che tutti coloro che erano incollati alla televisione non potranno mai dimenticati, l’atterrimento e lo sgomento provato, la sensazione di quanto effimera sia la democrazia di fronte alla necessità del potere di non mettersi in discussione.

E’ una soddisfazione per chi era lì con me? Penso di sì, tanti anni spesi per avere almeno uno straccio di carta da sventolare di fronte agli imbecilli a secco di informazioni. Ma non allevia la preoccupazione per quanto succederà settimana prossima. Quando 10 persone verranno giudicate e potenzialmente accusate di tutto quello che è successo a Genova. Loro erano lì. Come me, come molti di quelli che mi leggono. E Genova eravamo tutti noi. Ma pagheranno loro. Mentre molti di noi staranno a guardare. Avrei scambiato volentieri un colpo di spugna mal mascherato oggi con un’assoluzione tra una settimana. Ma non sarà così. E saranno anni lunghi in cui stare vicino a chi pagherà anche per me. Per noi.

Genova non è finita. Genova brucia ancora.
La storia siamo noi.


Today, July 5th 2012, the Supreme Court has definitively convicted a dozen of the highest ranking officials of the Italian police for having organized the raid in the Diaz-Pertini and Diaz-Pascoli schools where people slept and did media during Genoa G8 days back in 2001. They have been convicted particularly for having falsified evidence and for having lied about the reasons and the circumstances of the raid. During these 11 years of trials and courts most of the defendants and of the accusations have been washed away, gnawed at by the statute of limitation and by the desire of all the institutions to dump what happened that night and those days in the most hidden of places. Still they did not succeed into having people forget and forgive, and for once we are here dealing with a judicial truth that at least does not ignore that something shameful, horrible and unbelievable happened in those days and in that night.

But the story of the raid has already ended 11 years ago: its mindlessness; the arrogance of those who ordained it looking for vengeance and spreading violence on helpless people sleeping, trying to appease the political and “street” humiliation they had to endure during Genoa days; it’s all been there for a long time. History is not made by judges. Courts are part of the institutions and at the very most can acknowledge a side of the story people live (and everybody knows a lot of facts are not at all relevant for courts). We are history. History is what people felt and lived there that night. It’s what people told over and over these years, and it’s much more frightening than a bunch of year of conviction sown for lack of better ways to deal with what happened. It’s much more than the consolation of (maybe) seeing the accused people thrown out of what they care most for (the corps, the honour). History it’s what all the people mesmerized by the images and sound of their tv screen will never forget, aghast and ashamed of the feeling they clearly had of how feeble and faint democracy is in front of the absolute need of power not to be discussed or (worse) fought.

Are we (the ones who were there with me) satisfied? I guess so: so many years of our lives spent to wrestle at least a sodding paper to be waved under the nose of those who still won’t believe plain truth. But still all this won’t make a difference next week, when 10 people could be convicted by the Supreme Court to more than 100 years of jail, accusing them of all the things that happened in those days in genoa. They were there, of course. As I was. As we were. And Genoa was all of us. But it will be those 10 people to pay for it. And to pay dearly, while most of us will just stare still. I would have gladly traded a clumsily camouflaged coup to have the high ranking cops get away clean with an acquittal next week. But it won’t be so. And it will be so many years to not leave alone those who will pay for my struggle as well. For our struggle.

Genoa never ends. Genoa burns on.
We are history..

Torino: +kaos alla festa di Radio Blackout

Luglio 5th, 2012 by cavallette

 SABATO 7 LUGLIO +kaos sarà presentato alle festa di Radio Blackout

h 17:00 – Assemblea/dibattito: BORN TO BE SHARED

20 ANNI DI LIBERE FREQUENZE @ VisRabbia, Avigliana (TO)

Vi aspettiamo

+Kaos al Forte Prenestino

Giugno 28th, 2012 by neromob

Il tour per presentare il libro su 10 anni di storia del nostro collettivo continua. Stasera molti di noi saranno infatti al Forte Prenestino dalle 22 (un po’ prima e un po’ dopo) per raccontare molto (non tutto) di quello che è successo in questi anni. Vi aspettiamo!