Cresce la censura in Francia – Intervista con Indymedia Grenoble ed Indymedia Nantes | French censorship grows – Interview with Indymedia Nantes and Indymedia Grenoble

[English version below]

[French version below]

“Cancellate quel post entro ventiquattro ore o il vostro sito scomparirà dalla faccia di Internet”. Questo in buona sostanza il contenuto di una mail ricevuta dalle e dagli admin di Indymedia Nantes e Indymedia Grenoble la sera del 21 settembre. A cliccare “Invia Posta” dall’altra parte del monitor, gli sbirri dell’OCLCTIC (acronimo di Office Central de Lutte Contre la Criminalité Liée aux Technologies de l’Information et de la Communication), un corpo di cyberpolizia che Parigi ha insignito di poteri speciali dopo l’instaurazione dello stato di emergenza nel 2015. Dietro una sigla tanto lunga c’è però la stessa merda di sempre: censura e repressione, in rete come in strada. A causare le ire dei commissari Maigret da tastiera un comunicato apparso poche ore prima sui portali gestiti dalle compagne e dai compagni francesi: la rivendicazione di un’azione compiuta in solidarietà ad alcun* attivist*, oggi sotto processo per una manifestazione risalente al maggio del 2016.

Quello messo in campo dall’OCLCTIC è stato un vero e proprio tentativo di censura, andato (purtroppo) parzialmente a segno. Messe alle strette, le amministratrici e gli amministratori dei siti si sono viste costrette a cancellare l’URL incriminato. Ma come sovente accade in casi come questi, la rimozione di un contenuto online genera una reazione uguale e contraria: la vicenda ha destato scalpore e il post in questione è stato immediatamente ripubblicato da diveri altri siti di controinformazione d’oltralpe che, così facendo, ne hanno amplificato l’eco. C’è poco da stare allegre però. Quanto accaduto sembra essere il primo passo per una progressiva estensione della legislazione d’emergenza che, dopo aver colpito indisturbata per oltre due anni i siti associati dalle autorità locali ai movimenti islamisti radicali, punta ora a fare piazza pulita di ogni voce fuori dal coro. Per saperne di più abbiamo intervistato le compagn* di Nantes e Grenoble. Sullo sfondo del quadro che ci hanno dipinto ci sono diversi elementi di riflessione: lo spauracchio del “terrorismo” – costruito mediaticamente e brandito come una clava per schiacchiare sistematicamente gli ultimi diritti sociali e politici ancora in vigore -, un considerevole incremento degli episodi di censura online in Francia, l’insinuarsi di alcune dinamiche di autocensura dentro al movimento, ma anche le risposte, tecnologiche e organizzative, che questo sta elaborando per difendersi dagli attacchi repressivi a cui è sottoposto.

A/I – Ci raccontereste cosa è accaduto il 21 settembre?

IMCNantes: Durante la notte alcune decine di volanti, parcheggiate in una stazione di polizia a Grenoble, sono state incendiate. Le fiamme si sono estese a un vicino deposito di polizia, causando danni per diversi milioni di euro. In mattinata i media mainstream hanno riferito dell’attacco in prima pagina e il ministero dell’interno ha dovuto reagire pubblicamente (su Twitter). Alle 12 dello stesso giorno una rivendicazione di quest’attacco è stata postata su Grenoble Indymedia, e poco dopo su Nantes Indymedia. L’attacco è stato rivendicato come un’azione di solidarietà per nove persone, sotto processo nella stessa settimana per l’incendio di una volante durante una manifestazione a Parigi nel 2016 (gli agenti che si trovavano in quella macchina non hanno riportato ferite).

A/I – Quali forze di polizia sono state utilizzate contro i vostri Independent Media Center?

IMCNantes: A differenza di quanto accaduto in Germania[1] alcune settimane fa, non abbiamo subito un’incursione. La sera del 21 settembre sia Indymedia Grenoble che Indymedia Nantes hanno ricevuto una mail dalla polizia (l’OCLCTIC, l’Ufficio centrale per la lotta contro il crimine relativo alla tecnologia dell’informazione e della comunicazione) che richiedeva la rimozione dell’esatto URL della rivendicazione dai nostri siti entro 24 ore, pena la loro completa censura.

IMCGrenoble: Crediamo che il contenuto di questa mail sia standard e sia stato generato più o meno automaticamente. Ci chiedevano “solamente” di rimuovere la rivendicazione di responsabilità per l’incendio della volante entro 24 ore, minacciandoci, se non avessimo provveduto, di bloccare il sito e rimuoverlo dai motori di ricerca. Ciò è permesso da una “nuova” legge antiterrorismo del 2014, che per quanto ne sappiamo è stata utilizzata solo contro siti web islamici.

A/I – In termini tecnici, come vengono intraprese le operazioni di censura da parte della polizia in Francia? E quanto spesso hanno luogo?

IMCNantes: In Francia, sulla base di un emendamento del 2015 alla LCEN (Legge sulla sicurezza nell’economia digitale) votata nel 2004[2], nei casi in cui un contenuto online venga considerato “incitare o giustificare il terrorismo” (il che è molto vago, non essendoci una reale definizione di terrorismo nelle leggi), la polizia invia di propria iniziativa una mail agli amministratori per richiedere la rimozione dell’URL del contenuto entro 24 ore. Se questi non provvedono, la polizia invia una mail ai cinque provider internet francesi, per fargli aggiungere il sito alla lista di siti cui è interdetto l’accesso. Tutto questo senza alcun intervento da parte di un giudice o quant’altro. Si tratta quindi di un notevole potere che viene lasciato nelle mani della sola polizia.

Le cifre fornite dall’ente che dovrebbe controllare queste misure (il CNIL, la Commissione nazionale dell’informatica e delle libertà) mostrano un incremento di questo tipo di richieste di censura. Ad esempio, tra il 2015 e il 2016, ci sono state 1439 richieste di rimozione di contenuti, che hanno portato al blocco di 372 siti per inadempienza. Tra il 2016 e il 2017 queste cifre sono aumentate a 2561 richieste, portando al blocco di 874 siti[3]. Se in precedenza queste richieste erano principalmente dirette contro i siti “islamisti”, la richiesta che ci riguarda è la prima che ci risulti a prendere di mira un sito di “media liberi” anarchico/di sinistra. Con l’incremento delle tensioni causate dallo scempio dei nostri residui diritti da parte degli ultimi governi, ci viene da pensare che questo tipo di richieste aumenterà, prendendo di mira mezzi d’informazione d’ogni tipo.

A/I – Perché avete scelto di cancellare il comunicato? Qualcun altro ha avuto la possibilità di renderlo disponibile su altre piattaforme di comunicazione?

IMCNantes: Abbiamo (a malincuore) deciso di rimuoverla per diverse ragioni. Innanzitutto perché abbiamo avuto problemi di coordinamento, in quel frangente alcune di noi erano fuori mano e irreperibili entro le 24 ore. Lo abbiamo anche fatto perché è già accaduto che quando viene effettuata la censura di un sito web, vengano anche bloccati tutti i sottodomini, non solo quello preso di mira – il che avrebbe bloccato l’intera rete dei siti web di Indymedia in Francia. Volevamo anche rimanere accessibili a più persone possibile sul web non torificato, in modo che tutti gli altri contributi che ospitiamo restassero facili da trovare e da leggere. Nutrivamo anche dubbi sul fatto che la censura del nostro sito avrebbe potuto suscitare un’ampia reazione, dato che, quando è capitato lo stesso al portale linksunten.indymedia.org, non ne abbiamo viste molte in Francia. Sinceramente, quando abbiamo discusso quale possibile scenario di repressione avrebbe potuto colpirci, non abbiamo pensato davvero a questo. Eravamo più preoccupate della possibilità di un’incursione e cose del genere, per cui non eravamo affatto pronte a questo tipo di repressione. Ma lo saremo la prossima volta! Abbiamo lasciato la rivendicazione finché abbiamo potuto, affinché il maggior numero di persone possibile potesse leggerla e copiarla da qualche altra parte sul web. Da allora abbiamo pubblicato nuovamente la rivendicazione nella nostra feature che parlava della rimozione. Inoltre, un comunicato di solidarietà nei nostri confronti contenente la rivendicazione originale dell’incendio è stato pubblicato sul nostro sito. Così ora è disponibile in due articoli distinti su nantes.indymedia.org.

A/I – Quali sono state le reazioni da parte dei movimenti sociali radicali in Francia? E quali sono state (se ce ne sono state) le reazioni dei partiti politici tradizionali e dei media mainstream davanti a questa restrizione della libertà di informazione ed espressione?

IMCNantes: Il movimento dei “media liberi” radicali anarchici/di sinistra ha reagito molto rapidamente e sonoramente per dimostrare sostegno. Molti siti “radicali” (o vicini al movimento), giornali e radio ne hanno dato comunicazione e hanno ripreso la rivendicazione dell’attacco. Altri nell’ambiente radicale ci hanno criticato per aver rimosso il contenuto, spesso esprimendoci al contempo il loro sostegno. Il comunicato di solidarietà nei nostri confronti che abbiamo precedentemente citato (e che contiene la rivendicazione originale dell’attacco) è stato sottoscritto da diverse decine di siti di media indipendenti e pubblicato su un numero ancora maggiore di siti (anche a livello internazionale). Perciò la richiesta di oscurare questo contenuto è stata un fallimento completo: ora infatti è molto più disponibile di prima. Come di consueto, i media mainstream hanno a malapena coperto la censura e i suoi pericoli, e si sono invece concentrati sul descriverci come “piattaforma radicale antifascista di sinistra violenta e anarchica (scegliete voi l’aggettivo che preferite)”. Dal canto dei partiti istituzionali, zero reazioni. Ma il fatto è che proprio in questo momento stanno votando l’integrazione nella legge “normale” dello stato di emergenza in cui viviamo da un anno e mezzo, una parte del quale è direttamente collegato al controllo di Internet. Perciò nessuna sorpresa…

A/I – Ascoltando le vostre parole abbiamo l’impressione di trovarci davanti a qualcosa di atteso, ovvero il tentativo di estendere progressivamente le leggi dello “stato di emergenza” contro mezzi d’informazione scomodi e radicali. In che modo affronterete questo tipo di attacchi nel prossimo futuro, e di che tipo di sostegno avete bisogno da parte dei movimenti sociali per difendere la comunicazione libera?

IMCGrenoble: La pressione che lo stato di emergenza mette su tutti sta facendo aumentare gli atti di ribellione contro di esso. E così le rivendicazioni sui nostri siti web. Alcuni di noi temevano già questo tipo di attacco circa un anno fa. Tuttavia, non siamo riusciti a immettere abbastanza energie in ciò che potevamo fare per affrontarlo. Forse quest’attacco però un effetto lo ha sortito: fare in modo che quell’energia la trovassimo. Non diremo pubblicamente tutto ciò che potremmo o non potremmo fare, se tutto ciò accadrà di nuovo. Ma sarebbe sicuramente carino vedere la gente pronta a tradurre e ospitare contenuti (o server) in tutto il mondo per coprire le spalle di altre persone in lotta in altri paesi. Sappiamo che alcune persone stanno per farlo in Francia.

IMCNantes: Abbiamo fatto una scelta che in Francia è illegale, quella di non tenere log degli IP dei nostri visitatori, e riceviamo regolarmente contributi anarchici, radicali, antiautoritari, oltre che rivendicazioni di azioni dirette. Sappiamo di essere sempre a rischio di venire strumentalizzati da polizia e stato per giustificare una presunta necessità di maggiore rigidità sul web. La criminalizzazione degli oppositori politici è aumentata considerevolmente durante le lotte contro i grandi progetti infrastrutturali (Notre-Dame-des-Landes[4], Le Testet[5], Bure[6] ) e contro lo scempio dei nostri diritti sociali negli ultimi anni. Lo abbiamo osservato anche in altri paesi (Germania, Spagna, Italia, Grecia, …), e temiamo che il progetto europeo dell’ePrivacy[7] peggiori il nostro utilizzo di internet come sostegno della nostra controinformazione e del nostro attivismo.

Abbiamo bisogno del sostegno delle e dei nostr* compagn* e degli altri media liberi, ma non solo e non solo per noi. Pensiamo sia importante aiutare tutti a cercare un mezzo d’informazione libero (libero come in libertà d’espressione) per pubblicizzare la loro lotta, oltre a coordinarsi e a organizzare. A questo riguardo, pensiamo che sia importante intensificare i collegamenti tra i nostri diversi siti e comunità, oltre che le nostre diverse pratiche di lotta, per facilitare lo scambio di informazioni e traduzioni.

Perciò dobbiamo mostrare solidarietà verso tutte le iniziative che aiutano a proteggere internet, oltre a diffondere le buone pratiche di questa rete nei movimenti sociali. Ma la clandestinità che abbiamo dovuto scegliere, data la nostra rischiosa posizione di moderatrici e moderatori di Indymedia, non ci aiuta in questo senso.

Stiamo elaborando percorsi tecnici per evitare di subire nuovamente il tipo di attacco che ci ha colpito. Ma crediamo che la vera risposta sia politica, da parte del movimento sociale stesso.

A/I – Le misure di emergenza sono spesso presentate come temporanee, quando invece rappresentano sempre un’eredità perdurante nel tempo. Una volta istituite, le leggi e le tecnologie per il controllo della popolazione tendono a restare immutate e nel lungo termine influiscono profondamente sulla nostra vita. Da questo punto di vista, la Francia è stata un vero e proprio banco di prova negli ultimi due anni. Come stanno cambiando le pratiche e le forme di organizzazione dei movimenti sociali radicali in questo senso?

IMCGrenoble: Come potete immaginare, sempre più persone imparano a utilizzare alcuni strumenti come Tor e i suoi hidden service o le email crittate. Ma l’utilizzo di questo tipo di strumenti resta marginale. Non siamo sicure che il futuro dell’informazione risieda così tanto nelle “nuove tecnologie”. Sono certamente utili ma, da quanto possiamo vedere, ci sembra che il gradimento della tradizionale carta stampata sia anch’esso considerevole. È per questo che sei mesi fa abbiamo ricominciato a pubblicare un cartaceo. Più tecniche di comunicazione padroneggiamo, meglio riusciremo ad aggirare la censura.

IMCNantes: Speriamo che la repressione aumenti l’attenzione non solo sulla necessità di proteggerci, ma anche sul fatto che ci sono già gli strumenti per farlo (Tor e Tails, GnuPG, canali di comunicazione come Signal e così via).

Speriamo anche che meno persone si organizzino sui social network, e che un numero maggiore scelga media liberi come il nostro per comunicare riguardo alle loro lotte, e che solo in seguito trasmettano il messaggio sui canali capitalisti. Attualmente non è proprio così, dato che molte reti di attivist* continuano purtroppo a usare social network come Facebook per organizzarsi e comunicare, consentendo la raccolta di informazioni su chi sono, cosa fanno e chi li sostiene.

Ma allo stesso tempo vediamo che l’autocensura è in crescita. E questa probabilmente è la sfida più grande che dovremo affrontare. Perché non solo è in crescita sul web, ma anche nelle strade e nelle manifestazioni, dove nelle città che hanno dovuto affrontare forme di repressione più massiccia, il numero delle persone che partecipano sta calando. Anche se le persone che partecipano a movimenti radicali sembrano diventare più numerose, la visibilità che hanno è anche una conseguenza del minor numero di gente in strada.

Lotte come la ZAD a Notre-Dame-des-Landes (occupazione contro un progetto aeroportuale) o la Bure (occupazione contro un sito-discarica nucleare), oltre ad altre più lontane come quelle zapatiste o curde, indicano altre vie: usano propri canali di comunicazione sicuri, e utilizzano intelligentemente i social network come modo per diffondere la loro lotta e federare numerose persone.

Ma un attacco recente all’occupazione della Bure, con il sequestro di tutti i computer e device elettronici degl’occupanti, indica che anche la repressione si sta evolvendo.

Link:

[1] https://enoughisenough14.org/2017/08/25/german-government-bans-linksunten-indymedia/

[2] Consultare l’articolo (incompleto) di wikipedia: https://en.wikipedia.org/wiki/Internet_censorship_in_France#Blocking_of_ten_websites_in_March_2015

[3] https://www.cnil.fr/fr/controle-du-blocage-administratif-des-sites-la-personnalite-qualifiee-presente-son-2eme-rapport

[4] https://zad.nadir.org/

[5] https://tantquilyauradesbouilles.wordpress.com/

[6] https://vmc.camp/

[7] https://eprivacy.laquadrature.net/en/

 

Ringraziamo staka per la collaborazione nella traduzione di quest’intervista

 


[English version]

“Delete that post within 24 hours or your website will be wiped out from the Internet”. Such was, in the end, the content of an email the admins of Indymedia Nantes and Indymedia Grenoble received on September 21 evening. On the other side of the monitor, the ones clicking “Send Mail” were the cops of the OCLCTIC (an acronym for Office Central de Lutte Contre la Criminalité Liée aux Technologies de l’Information et de la Communication, Central Office for the Fight against Crime related to Information and Communication Technology) – a cyberpolice squad that was bestowed special powers by Paris after the instauration of the state of emergency in 2015. Yet, behind such a long acronym there is the usual shit: censorship and repression, both on the web and on the road. What caused the wrath of the keyboard stooges had been a statement that had appeared a few hours before on the portals maintained by the French comrades: a post claiming responsibility for a solidarity action in support of some activists, now under trial for a demonstration dating back to May 2016.

What the OCLCTIC actually did was a real censorship effort, that (sadly) partially succeeded. Being under pressure, the admins of the websites were forced to delete the relevant URL. But, as it often happens in such cases, the removal of online content generates a proportional counter-reaction: the event elicited an uproar and the same post was immediately reposted by many other French counter-information websites that, by doing so, magnified its backlash. Yet, there is little reason to rejoice. What happened seems to be the first step for a gradual extension of the emergency laws that, after having struck unhindered for more than two years websites associated by local authorities to radical Islamist movements, now aims at wiping out any dissenting voice. To learn more about what happened, we have interviewed comrades from Nantes and Grenoble. In the background of the picture they painted for us, there is a lot of food for thought: the bugaboo of “terrorism” – built by general media and wield like a clave in order to systematically crush the few remaining social and political rights -, a considerable increase of episodes of online censorship in France, some self-censorship patterns emerging within the movement, but also the technological and organizational answers the movement is developing in order to protect itself from the repressive attacks it has to face.

 

A/I – Would you tell us what happened on the 21th of September?

IMCNantes: During the night, a few dozens police cars, parked in a police station in Grenoble, were set on fire. The flames propagated to a police storage building nearby, and led to damages for several millions euros. In the morning, the mainstream media reported in their headlines about this attack, and the minister of interior had to react publicly (on Twitter). At noon the same day, a post reclaiming the responsibility of this attack was posted on Grenoble Indymedia, and soon after on Nantes Indymedia. This attack was explained as a solidarity action towards nine people who would have to appear in court that same week for burning a police car during a demonstration in Paris in 2016. (Police officers who were in this car were not injured).

A/I – Which police forces have been employed against your IMCs?

IMCNantes: We were not raided as it had been occurred in Germany some weeks ago[1]. During the evening of the 21 September, both Grenoble and Nantes Indymedias received an email from the police (the Central Office for the Fight against Crime related to Information and Communication Technology, OCLCTIC) asking to remove the precise URL of the post from our websites within 24 hours, else they would be censored entirely.

IMC-Grenoble: I guess the content of this email is standard and had been generated more or less automatically. They were “just” asking us to remove the responsibility claim for the police car arson within 24 hours menacing us, if we didn’t comply, to block the site, and derefence it on search engines. This is allowed by a “new” antiterrorist law, passed in 2014, which has only been used against islamic websites, as far as we know.

A/I – In technical terms, how are censorship operations undertaken by the police in France? And how often does this kind of operations occur?

IMCNantes: In France, since an addition in 2015 to the LCEN (Law on Confidence in the Digital Economy) voted in 2004[2], when an online content is seen as “inciting or condoning terrorism” (which is very vague, as there is no real definition of terrorrim in the laws), the police send by itself an email to the administrators asking for the removal of the content URL within 24 hours. If they do no comply, the police then send an email to the five french Internet access providers, so they add the website to the blacklist of those they block access for. All that without any intervention from a judge or anything else. So that’s a lot of power left in the hands of the police only.

Numbers provided by the authority supposed to control this measures (the CNIL) show a raise of this kind of censorship requests. For example, between 2015 and 2016, there were 1439 requests of content removal, leading to 372 websites being blocked because they did not comply. Between 2016 and 2017, these numbers rose to 2561 requests, leading to 874 websites being blocked[3]. If before these requests were mainly aiming at “islamists” websites, the request that concerns us is the first one we know of that is targetting an anarcho/left-winged “free media” website. With the rise of the tensions due to the latest governments cancelling our last remaining rights, we’re inclined to think that this kind of requests targetting all kind of media will grow.

A/I – Why did you choose to delete the statement? Did somebody else have the chance to make it available on other channels of communication?

IMCNantes: We (sadly) chose to remove it for several reasons. First, because we had troubles to coordinate, at that time some of us were out of sight and unreachable within the 24 hours. We did it also because it already happened that when such a website censorship is done, all of the subdomains are blocked, and not only the one that is targeted, which would have blocked the whole indymedia newtwork websites in France. We also wanted to remain accessible to the maximum of people, on the non-torified Web, so that all the other contributions we are hosting are still easy to find and read. We were also doubtful that our censorship would lead to a big and wide reaction, as we have not seen that many in France when it happened to the website linksunten.indymedia.org. To be honest, when we discussed about the possible scenarios of repression that might hit us, we did not really think about this one. We were more concerned about raids and things like that, so we were not really ready for that kind of repression. But we will be for next time!
We left the post as long as we could, so that as many people as possible could be able to read it and copy it elsewhere on the Web. Since then we have published it again in our feature talking about the removal. Also, a solidarity declaration to us containing the initial claim for the arson has been published on our website. So it’s now available in two different articles on nantes.indymedia.org.

A/I – What have been the reactions of the radical social movements in France? And what have been (if any) the reactions of the institutional political parties and mainstream media to this restriction of the freedom of information and expression?

IMCNantes: The radical anarchist/left-winged “free media” movement reacted very fast and loud to show support. Many “radical” (or close to the radical movement) websites, newspapers and radios informed about it and copied the post claiming the responsibility of the attack on their own media. Others from the radical scene have expressed critics about the fact that we removed the content, often also supporting us at the same time. The solidarity claim towards us we mentioned above (which contains the original claim of the attack) has been signed by several dozens of free media websites, and published on many more places on the Web (also on the international level). So the request to hide this content has been a complete failure – it is now much more available than before. As usual, the mainstream media have barely spoken about the censorship in itself and its danger, and focused on describing us as a “radical antifa left wing violent anarchist (pick your favorite)” platform. On the institutional parties’ side, there have been zero reactions. But the fact is that at this very moment the integration in the “normal” law of the state of emergency we have lived in for a year and a half is being voted upon, some of which is directly related to Internet control. So that’s no surprise…

A/I – Listening to your words, we have the impression that we are in front of something expected, that is to say the attempt of extending progressively the “state of emergency” laws against thorny and radical media. How are you going to face this kind of attacks in the next future and what kind of support do you need from social movements in order to defend free communication?

IMC-Grenoble: The pression the state of emergency puts on everyone is causing an increase in the acts of rebellion against it, as well as in the claims of actions in our websites. Some of us were already afraid of an attack of this kind about a year ago. However, we didn’t manage to put enough energy in what we could do to face it. Anyway, this attack maybe had this effect: making us gain this energy. We are not going to say publicly all we may or may not do if this happens again. But it would surely be nice to see people ready to translate and host content (or servers) all around the world to have the back of other people struggling in other countries. We know some people are about to do so in France.

IMCNantes: We have made a choice that is illegal in France by not logging our visitors’s IPs, and we regulary have anarchist, radical, anti-autoritharian contributions, as well as claims of responsibility for direct actions. We know that we’re always at risk of being used by the police and the state to justify a supposed need for more severity on the Web. The criminalization of political opponents has raised considerably during struggles against big structural projects (Notre-Dame-des-Landes[4], Le Testet[4], Bure[6], …) and against the breaking of our social rights in the last years. We have observed this also in other countries (Germany, Spain, Italy, Grece, …), and we’re concerned that the ePrivacy[7] european project will worsen our usage of internet as a support for our counter-information and activism.

We need support from our comrades and other free media, but not only, and not only for us. We think it’s important to go on helping everyone find a free (as in speech) medium to publicize their struggles as well as to coordinate and organize. In this matter, we think it’s important to tighten the links between our differents websites and communities, as well as our different practices in struggles, to facilitate the exchange of informations and translations.

So we have to show solidarity for all initiatives that help protect the internet, as well as spread good practices on this network to the social movements. But the clandestinity we had to choose given our risky position as Indymedia moderators does not help in that matter.

We are thinking about technical ways to avoid next time the kind of attack we just had. But we believe the real answer is a political one coming from the social movement itself.

A/I – Emergency measures are often proposed as temporary, whereas they are always a lasting legacy. Indeed once they are declared, laws and technologies for the management of people are here to stay, and they deeply affect our daily lives in the long term. In this perspective, France has been a true field of experimentation in the last two years. How are the practices and forms of organization of radical social movements changing in this sense?

IMC-Grenoble: As you can guess, more people learn to use some tools, like Tor and its hidden services or encrypted emails. But the use of this kind of tools remains marginal. We are not sure that the future of information is so much in the “new technologies”. It’s useful, yes, but as far as we can see, it seems to us that the traditional paper support is great too. This is why we already started, six month ago to publish on paper again. The more communication techniques we master, the better we will manage to go through the censorship.

IMCNantes: We hope that repression at least will raise the attention not only towards the necessity to protect ourselves, but also towards the fact that there already are tools for that (Tor and Tails, GnuPG, communication channels like Signal and so forth).

We also hope that fewer people will organize on social networks and more will choose free media like ours in order to communicate about their struggles, transmitting the message only later to the capitalistic channels. This is not so much the case right now, as a lot of activist networks sadly keep on using social networks like Facebook to organize and communicate, enabling the collection of information about who they are, what they do, and who supports them.

But at the same time we see that self-censorship is rising. And that’s probably the greatest challenge we will have to face. Because it does not only rise on the Web, but also in the street and the demos, where in the cities that had to deal with massive forms of repression, the number of people participating is getting lower. Even if radicals seem to be more numerous, the visibility they have is also the consequence of having less people in the street.

Struggles like the ZAD in Notre-Dame-des-Landes (occupation against an airport project) or the Bure (occupation against a nuclear waste burying site), as well as faraway ones like the Zapatists or the Kurds, show other paths: they use their own secure channels of communication and smartly use the social networks as a means to spread their struggle and federate numerous people.

But a recent attack on the Bure occupation, with seizure of all the computers and electronic devices, shows that the repression is adapting too.

Links:

[1] https://enoughisenough14.org/2017/08/25/german-government-bans-linksunten-indymedia/

[2] see the (incomplete) article on wikipedia : https://en.wikipedia.org/wiki/Internet_censorship_in_France#Blocking_of_ten_websites_in_March_2015

[3] https://www.cnil.fr/fr/controle-du-blocage-administratif-des-sites-la-personnalite-qualifiee-presente-son-2eme-rapport

[4] https://zad.nadir.org/

[5] https://tantquilyauradesbouilles.wordpress.com/

[6] https://vmc.camp/

[7] https://eprivacy.laquadrature.net/en/

 


[French version]

“Supprimez cet article sous 24h ou votre site web disparaitra de la surface d’Internet”. C’est en substance le contenu d’un email reçu par les administrateurices de Indymedia Nantes et Indymedia Grenoble le soir du 21 septembre. De l’autre côté de l’écran, ceux qui ont appuyé sur “envoyer l’email” étaient les flics de l’OCLTIC (acronyme pour Office Central de Lutte Contre la Criminalité Liée aux Technologies de l’Information et de la Communication) – une équipe de cyberpoliciers à laquelle il a été accordé des pouvoirs spéciaux par Paris après l’instauration de l’état d’urgence en 2015. Derrière un sigle si long on retrouve bien sûr toujours la même merde : censure et répression, sur le web comme dans la rue. Ce qui a provoqué le courroux des commissaires Maigret du clavier était une déclaration apparue quelques heures auparavant sur le portail géré par les camarades français-e-s : la revendication d’une action de soutien à des activistes, actuellement en procès pour une manifestation remontant à mai 2016. 

Ce qu’a mis en place l’OCLCTIC était en fait une tentative de censure, qui a (malheureusement) partiellement réussi. Sous la pression, les aministrateurices des sites ont été obligés d’effacer l’URL incriminée. Mais, comme cela arrive souvent dans de tels cas, le retrait de contenus en ligne génère une réaction inversement proportionnelle : l’évènement a provoqué un tollé et la même publication a été immédiatement republiée par nombre d’autres sites de médias libres français qui, ce faisant, en ont amplifié l’écho. Il y’a donc quand même moyen de se réjouir un peu. Tout ce qui est été arrivé semble être le premier jet d’une étendue progressive de la légalisation de l’état d’urgence qui, après avoir frappé sans restriction depuis maintenant deux ans les sites associés par les autorités locales aux mouvements islamistes radicaux, vise à faire place nette de chaque expression dissidente. Pour en savoir de nous avons plus questionné les camarades de Nantes et Grenoble. En arrière plan du tableau qu’iels nous ont dépeint, il y a différents éléments de réflexion : l’épouvantail du “terrorisme” – construit mediatiquement et systématiquement brandi comme une massue pour écraser les derniers droits sociaux et politiques encore en vigueur -, un accroissement considérable des épisodes de censure de contenus en ligne en France, l’apparition d’une certaine tendances à l’autocensure dans les mouvements, mais aussi les réponses, technologiques et d’organisation, que ceux-ci sont en train d’élaborer pour se défendre des attaques répressives auxquels ils sont soumis.

 

A/I : Pourriez-vous nous raconter ce qui s’est passé le 21 septembre ?

IMC Nantes : Dans la nuit, une cinquantaine de véhicules stationnés dans une caserne de gendarmerie on été incendiés. Le feu s’est propagé au hangar voisin, le détruisant entièrement et occasionnant plusieurs millions d’euros de dégâts. Le matin du 21, la presse mainstream faisait ses gros titres de cette attaque, et le ministre de l’intérieur a dû réagir publiquement (par twitter). Le midi même, un communiqué de revendication de cette action était publié sur Indymedia Grenoble puis sur Indymedia Nantes. Cette attaque était revendiquée comme une geste de soutien pour les personnes passant en procès suite à l’incendie d’une voiture de police lors d’une manifestation en 2016. (Les policier.e.s qui l’occupaient n’avaient eut aucune blessure.)

A/I : Quelles forces de police ont été utilisées contre vos IMC (Independent Media Center) ?

IMC Nantes : Nous n’avons pas subit de perquisitions, contrairement à Indymedia Linksunten il y a quelques semaines. Nous avons reçu le soir même du 21 Septembre un email de la police de l’OCLTIC (l’Office Central de Lutte Contre la Criminalité Liée aux Technologies de l’Information et de la Communication) nous sommant de retirer la revendication de nos sites sous 24h, sous peine de leur censure complète.

IMC Grenoble : Je crois que le contenu de cet email est un modèle standard et a été généré plus ou moins automatiquement. Ils nous demandaient “seulement” d’enlever la revendication de responsabilité pour l’incendie des véhicules de police sous 24 heures, en nous menaçant, si nous n’avions pas obtempéré, de bloquer le site et de le retirer des moteurs de recherche. Ceci est permis par une “nouvelle” loi antiterroriste de 2014, bien que nous sachions qu’elle a été utilisée uniquement contre sites web islamistes.

A/I : En termes techniques, comment est-ce que les opérations de censure sont réalisées par la police en France? Et à quelle fréquence ont-elles lieu ?

IMC Nantes : En France, depuis un amendement de 2015 à la LCEN, loi votée en 2004 [1], quand un contenu est passible de l’infraction de “provocation à des actes de terrorisme ou apologie de tels actes” (ce qui est très large, et très flou juridiquement, le mot “terrorisme” n’ayant pas de définition claire), la police envoit d’elle même un email aux administrateurs du site pour les obliger à retirer la contribution, sans quoi l’accès au site est bloqué en France, et est rendu introuvable dans les moteurs de recherche. Les administrateurs du site ont 24 heures pour se plier. Si ce n’est pas le cas, la police envoie un email aux 5 principaux FAIs, qui l’ajoutent à une liste noire de sites dont ils bloquent l’accès. Tout cela sans aucune intervention d’un juge. C’est donc un pouvoir de censure très fort donné aux seuls policiers.

Les chiffres fournit par l’autorité de contrôle des mesures de la LCEN, la CNIL (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés), montrent une agmentation très importante de ces demandes de blocages, de retrait de contenu et de dé-référencement. Par exemple, entre 2015 et 2016, le nombre de demandes de retrait de contenu étaient de 1 439, menant au blocage de 372 sites ne l’ayant pas fait. Entre 2016 et 2017, ces chiffres sont passés à 2 561 demandes de retrait, menant au blocage de 874 sites [2]. Si auparavant ces demandes de retrait et mesures de blocages s’appliquaient toujours à des sites “islamistes”, la demande de retrait qui nous concerne est (que nous le sachions) la première qui touche un site d’information libre d’anarco / extrême gauche. Avec l’augmentation des tensions dues à la casse sociale à laquelle se livre actuellement les derniers gouvernements, tout laisse à penser que ce genre de mesure vont se multiplier.

A/I : Pourquoi avoir choisi de supprimer la publication ? Est-ce que quelqu’un d’autre a eu la possibilité de la rendre disponible sur autres plateformes de communication?

IMC Nantes : Nous avons choisit de le retirer pour plusieurs raison. D’abord, par défaut, parce que nous avons eu du mal à nous coordonner, n’étant pas tout.e.s joignables dans les 24 heures à ce moment. Ensuite, parce que c’est déjà arrivé que lors de ce genre de blocages, l’ensemble des sous-domaines se retrouvent inaccessibles, et pas seulement le site visé, ce qui aurait bloqué l’ensemble des sites Indymedia en France, voire d’autres sites. Ensuite, parce que nous voulions continuer d’être accessible au maximum de personnes, sur le Web non-torifié, afin que toutes les autres contributions que nous hébergeons soient envore facilement consultables. Enfin, parce que nous n’étions pas sûr qu’il y ait un mouvement de soutien suffisamment fort pour contrer ces menaces de la police, au vu du peu de soutien français que nous avons pu voire lorsqu’Indymedia Linksuten a lui même été censuré. Nous avons laissé la contribution en ligne le maximum de temps possible, afin que celle-ci puisse être copié sur un maximum d’autres sites. Nous l’avons en outre republié le lendemain, et depuis elle a également été reprise en intégralité dans une communiqué de soutien qui a été publié sur notre site. Elle est donc de fait maintenant visible dans deux articles présents sur notre site nantes.indymedia.org.

A/I : Quelles ont été les réaction de la part des mouvements sociaux radicaux en France? Et quelles ont été, s’il y en a eut, les réactions des hommes politique des partis traditionnels et des médias mainstream devant cette restriction de la liberté d’expression et d’information ?

IMC Nantes : Le milieu radical anarchiste et d’extrême-gauche, en lien avec les medias libres, a rapidement montré son soutien. Beaucoup de sites radicaux (ou proches des mouvements radicaux), de radios, de journaux, ont communiqué sur cette histoire, et ont repris la revendication. D’autres participant.e.s au mouvement social radical ont parfois malgré tout critiqué notre choix de retirer l’article, souvent en exprimant leur solidarité. Le communiqué de soutien dont nous parlions précédemment est maintenant signé par plusieurs douzaines de médias libres et disponible (avec la revendication originale) sur encore plus de sites web (aussi au niveau international). Du coup la requete pour faire disparaitre ce contenu est un échec complet – il est maintenant beaucoup plus visible qu’avant. Les médias mainstream ont comme d’habitude minoré cette histoire, en nous décrivant comme des sites d’extreme-gauche anarchiste antifa violents (choisi ton favori). Du côté des partis politiques institutionnels, la réaction a été inexistante. Il faut savoir qu’au même moment, ceux-ci sont en train de voter l’intégration dans les lois des mesures mises en place pendant l’état d’urgence, dont certaines sont justement relatives au contrôle d’Internet. Donc ce n’est pas une surprise…

A/I :  A vous écouter, on a l’impression que vous faites face à quelque chose d’attendu, c’est à dire la tentative d’étendre progressivement l’état d’urgence contre les  médias libres radicaux. Comment allez-vous faire face à ce genre d’attaques dans le futur et de quel genre de soutien avez-vous besoin du mouvement social pour défendre les communications “libres” ?

IMC Grenoble : La pression que met l’état d’urgence sur tous est en train de faire augmenter les actes de rébellion contre lui, de même que les revendications d’actions contre lui sur nos sites web. Quelques-uns d’entre nous craignaient déjà ce type d’attaque il y a environ un an. Quoi qu’il en soit, nous n’avons pas réussi à mettre assez d’énergies dans ce que nous pouvions faire pour contrer ça. C’est au final l’effet qu’a produit cette attaque : nous permettre de trouver cette énergie. Nous ne dirons pas publiquement tout ce que nous pourrions ou ne pourrions pas faire si tout ceci recommence. Mais ce sera chouette de voir les gens prêts à traduire et héberger du contenu (ou server) dans le monde entier pour couvrir d’autres gens en lutte dans d’autres pays. Nous savons que quelques personnes le feront en France.

IMC Nantes : Nous avons fait un choix illégal en france en ne loguant pas les IPs et nous recevons régulièrement des publications anarchistes, radicales, anti-autoritaires, ainsi que des revendications d’actions directes. Nous savons que nous ne sommes jamais à l’abris d’une volonté d’être utilisé.e.s par la répression pour justifier un supposé “besoin de plus de sévérité” sur le web. La criminalisation des oposant.e.s politiques a pris un essort considérable lors des luttes contre les grand projets d’aménagement (Notre-Dame-des-Landes[3], Le Testet[4], Bure[5],…) et contre la casse sociale ces deux dernières années. Nous avons observé aussi une même tendance dans d’autres pays (espagne, allemagne…) et craignons beaucoup que le projet européen ePrivacy [6] n’agrave encore les choses dans notre utilisation d’internet comme support de contre-information et de militance.

Nous avons besoin du soutien des camarades et autres médias libres, certes, mais pas seulement, et pas uniquement pour nous. Il nous semble important de continuer à aider tout à chacun à trouver un support libre pour s’exprimer et croiser d’autres expressions. A ce titre, ce qui nous semble primordial est de (re)tisser des liens entre les différents sites, les différentes pratiques en lutte pour faciliter les échanges d’infos (notamment sur la répression), faciliter les traductions.

Il nous faut donc, nous même, être solidaires de toutes les initiatives qui permettent plus de protection sur internet, et sans doute aussi, être vigilent-e-s à mieux transmettre / faciliter ces pratiques de protection auprès des mouvements sociaux, afin que les réseaux de solidarités possibles puissent continuer d’exister. Force est de constater que la clandestinité que nous impose notre position de modérateurices de indymedia n’aide pas à les faire mieux connaitre et utiliser…

Nous réfléchissons à des mesures techniques pour éviter la prochaine fois le type d’attaque que nous venons de vivre. Mais la réponse la plus adaptée reste une réponse politique du mouvement social.

A/I :  Les mesures d’urgences sont souvent proposées comme temporaires, alors qu’elles deviennent en fait des règles valables sur le long terme. De fait, les lois et les technologies pour la gestion des personnes restent, et affectent nos vies quotidiennes. De ce point de vue, la France a été un véritable champ d’expérimentation durant les deux dernières années. Comment évoluent les pratiques et les formes d’organisations du mouvement social radical de ce point de vue ?

IMC Grenoble : Comme vous pouvez l’imaginer, de plus en plus de gens apprennent à utiliser quelques outils comme Tor et ses services cachés ou les email cryptés. Mais l’utilisation de ce type d’outils reste marginale. Nous ne sommes pas sûr.e.s que l’avenir de l’information réside tellement dans les “nouvelles technologies”. C’est utile, certainement, mais d’après ce que nous pouvons voir, il nous semble que le support du journal imprimé traditionnel soit lui aussi intéressant. C’est pourquoi nous avons déjà commencé à publier, il y a environ six mois, à nouveau une version papier. Plus nous maîtriserons de techniques de communication, mieux nous réussirons à contourner la censure.

IMC Nantes : Nous espérons que chaque coup de répression fasse prendre conscience, au plus grand nombre, non seulement de la nécessité de se protéger, mais aussi que des outils existent, et pour certains, qu’ils sont plutôt accessibles facilement (Tails et TOR, GnuPG, des outils de communication comme Signal, etc. : tout ce qui concerne l’intimité sur internet)

Nous espérons aussi que de moins en moins de monde s’organisera sur des réseaux sociaux mainstream et choisira de nourir avant tout les medias libres comme les nôtres pour témoigner de leurs luttes, pour, seulement ensuite, transmettre ça par les canaux capitalistes. Ce n’est pas vraiment le cas pour le moment, beaucoup de réseaux militants continuent malheureusement de s’organiser et communiquer par ces réseaux sociaux, permettant la collecte d’informations sur leurs compositions, leur initiatives et leurs soutiens.

Pour autant, dans le même temps, nous constatons une augmentation de l’autocensure. Et c’est sans doute là dessus qu’est le plus gros défis. Car l’autocensure ne se pratique pas que sur le web, on la constate aussi dans les manifestations qui, pour les villes les plus réprimées, voient le nombre de manifestant-e-s diminuer. Et même si les rangs des radicaux semblent, eux, se gonfler, leur visibilité est aussi la conséquence du fait que d’autres, moins radicaux, cessent de manifester.

Des luttes comme celles de la zad de Notre-Dame-des-Landes ou de Bure, ou d’autres plus lointaines comme les zapatistes, les kurdes, etc. montrent que d’autres chemins se dessinent : iels ont leurs propres canaux de communication sécurisée comme bases et utilisent, intelligeamment, les résaux sociaux comme caisse de résonnance afin de fédérer un grand nombre de sensibilités et localités diverses.

Hélas, une attaque récente sur Bure, avec saisie de TOUT leur matériel, montre que la répression elle aussi s’adapte.

[1] lire l’article (incomplet) sur wikipedia : https://fr.wikipedia.org/wiki/Censure_d%27Internet_en_France#2015

[2] https://www.cnil.fr/fr/controle-du-blocage-administratif-des-sites-la-personnalite-qualifiee-presente-son-2eme-rapport

[3] https://zad.nadir.org/

[4] https://tantquilyauradesbouilles.wordpress.com/

[5] https://vmc.camp/

[6] https://eprivacy.laquadrature.net/fr/

2 Responses to “Cresce la censura in Francia – Intervista con Indymedia Grenoble ed Indymedia Nantes | French censorship grows – Interview with Indymedia Nantes and Indymedia Grenoble”

  1. Francia – Autistici/Inventati intervista con Indymedia Grenoble ed Indymedia Nantes - Round Robin Says:

    […] fonte: cavallette.noblogs.org […]

  2. « Des requêtes, par centaines, des actions, par milliers. » Nouvelle attaque contre Indymedia Nantes | Says:

    […] nous l’avons expliqué à nos camarades italien.ne.s du projet Autistici/Iventati, cette décision de retrait n’était pas pour nous plaire. Si nous avions fait ce […]