Souvenir da piazza fontana
Nessuno di noi vorrebbe dover ricordare i 40 anni della strage di piazza fontana, l’assassinio dell’anarchico pinelli, la strategia della tensione. Ma che ci piaccia o meno questo e’ quanto ci siamo lasciati alle spalle. O forse non e’ esatto, ed e’ invece cio’ che abbiamo di fronte, e’ il nostro non futuro che ci attende dietro l’angolo, e sorride, un poco malinconico. In fondo gli siamo tanto mancati.
40 anni fa le istituzioni si sono fatte terrore, e un fitto manto di nebbia nutrito di omerta’ e reticenze, ha congelato quel momento.
A genova nel 2001 le istituzioni hanno voluto riassaporare il gusto del sangue, della caccia alla preda. Ed uno spocchioso e per nulla celato sistema di omerta’ e reticenze ha impiccato quelle giornate alle lancette dell’orologio.
Lo stato italiano non ha modificato molto del proprio modus vivendi, si e’ aggiornato, un poco, svogliatamente.
Quello che mi ha sempre piu’ colpito della strategia della tensione, piu’ spaventato in realta’, e’ la parola strategia.
Quel senso di onnipotenza che coglie l’ingegnere sociale nel percepire il mondo intorno come una scacchiera nella quale applicare la propria strategia. Ed allora tutto diviene possibile e si puo’ pensare di contrastare conflitti e contraddizioni con un adeguato, ma contenuto numero di morti, ansia, paura e angoscia. Suonare le note giuste per indirizzare il gigante un poco tardivo della maggioranza silenziosa. Gli dei dell’antica grecia, deboli e incapaci come gli umani, ma con potere di vita e di morte. Non so quanto senso abbiano gli appelli alla memoria, se mi sforzo di ricordare e conoscere un senso di vuoto e nausea si impadronisce del mio corpo. Se razionalizzo, il mio malessere si tramuta in rabbia, ed ogni mattina devo sputarne un poco in terra, perche’ non mi corroda. Non so se augurarvi di ricordare o dimenticare. Se collego l’oggi al passato, se rileggo il presente con un occhio agli ultimi 40 anni vedo un paesello ricoperto di neve dove i gendarmi sono sempre innocenti, il prete raduna i fedeli suonando le campane, un corpo penzola dalla forca, perche’ non si deve turbare l’ordine del presepe con gli inutili problemi di chi non ha un ruolo come figurante. E poi e’ quasi natale, non e’ il momento adatto. Una mano calata dall’alto scuote il paesello e la neve prende a cadere, si posa e siamo 40 anni fa a milano, oppure a bologna, a savona, o su un treno che viaggia placido, o in mezzo al mare sulla moby prince, o sull’asfalto di genova, o in una cella ad essere ammazati di botte. Non c’e’ sostanziale cambiamento, ne’ progresso, ne’ regresso. Sembra esserci qualcosa che si muove opposto a qualcosa che vuole restare immoto, e queste tendenze in opposizione determinano uno stallo. Se il ricordo servisse a uscire dallo stallo allora sarebbe giusto e necessario ricordare, e il dolore del ricordo non farebbe cosi’ male.
Gennaio 3rd, 2010 at 4:04 am
grazie mille~mi piace questo articolo!
Gennaio 3rd, 2010 at 3:19 pm
il problema piu grosso è che la maggioranza delle persone hanno gia dimenticato o non hanno mai affrontato il passato italiano adeguatamente.
se ci si ferma alle (non) spiegazioni istituzionali e dei media sul passato tutti quei problemi non esistono piu: la verità è che la sottostruttura della nostra società è tale e quale a quella in cui potevano accadere quelle cose.
quindi tanti auguri a tutti