La (im)possibile sostenibilità della tecnologia
Prendiamo dal blog di graffio e rimbalziamo:
Se ne è accorto anche il Corriere della sera nell’articolo di oggi: la rivoluzione verde della silicon valley è una bufala.
Come sappiamo, da un po’ di tempo i colossi delle nuove tecnologie si affannano a produrre computer che consumino sempre meno energia, o per lo meno questo è ciò che dichiarano.
Mentre producono tecnologia che consuma meno energia, sfornano una quantità enorme di nuovi prodotti spingendo i consumatori a dismettere i propri vecchi computer, telefoni cellulari, iPod, prima che esauriscano la propria vita. Che dire poi degli accordi che molti produttori fanno con Microsoft il cui nuovo sistema operativo (Vista) sembra fatto apposta per poter vendere nuovo hardware, a fronte di pochi vantaggi per l’utente.
C’è poi Second Life, osannata novità dell’americana Linden Lab, il cui consumo di energia elettrica di un singolo Avatar (la rappresentazione digitale 3D dell’utente che visita Second Life) è di 1,752 kWh all’anno; leggermente meno del consumo medio annuo di un brasiliano: 1,884 kWh. Calcoli e ragionamento sono frutto del lavoro di Tony Walsh (artista canadese) e di Nicholas Carr (editor della Harvard Business Review).
Insomma come si vede sembra esserci una contraddizione di fondo tra la possibilità di produrre (e consumare) in maniera ecologicamente sostenibile e la necessità delle imprese di avere profitti. Se il buono stato dell’economia viene misurato sulla capacità di consumare dei consumatori, se le imprese (grandi e piccole) hanno bisogno di vendere sempre di più per sopravvivere, risulta del tutto evidente che l’interesse principale dei grandi colossi sia quello di produrre sempre nuovi oggetti per fare in modo che gli utenti cambino sempre più velocemente la tecnologia che usano anche se questa è seminuova e perfettamente funzionante.
Sembra una contraddizione evidente, addirittura banale…
Poi c’è la questione dello smaltimento dei rifiuti tecnologici, ad oggi la enorme quantità di rifiuti elettronici (quasi 40 milioni di tonnellate secondo l’ONU) è zeppa di materiali tossici non riciclabili. Aggiugiamo che la vita media di un computer fino al 1992 era di 5 anni e oggi è di 2 e si capisce la direzione che lo sviluppo tecnologico ha avuto, e sembra avere in questi anni. La spazzatura elettronica proveniente dagli USA viene per lo più smaltita in discariche abusive nel sud del mondo: Messico, Cina, India.
Nonostante questa che ormai è una emergenza sembra essere ancora bassa la quota di investimenti destinati alla ricerca di materiali non tossici e riciclabili per costruire computer.