Spaesamento
In questi giorni di esplosione di wikileaks mi sento un po’ spaesato e divertito. Mi diverte tantissimo vedere le reazioni dei governi, dei militari e di alcuni giornalisti. Sono buffi, un po’ goffi a cercare di dire con la faccia del bambino colto in fallo, “epperò non vale così”. E tingere il tutto con un lessico recrudescente, la cyberwar, il terrorismo, gli attacchi. Da un lato rido, dall’altro sono spaesato, perché non pensavo che i cambiamenti tecnologici avvenuti in questi anni di grossa accellerazione, fossero veramente sfuggiti a tutte queste persone. Evidentemente esiste un grosso gap tra le trasformazioni in atto e la capacità di recepirne gli effetti.
La cyberwar si fa da casa, se vuoi partecipare alla cyberwar come soldato semplice basta che scarichi l’archivio di wikileaks con un client bittorrent, lo stesso che usi per scaricare i film porno. Volendo potrei anche decidere di farti partecipare senza che tu lo voglia, facendoti scaricare un film porno che invece sono gli archivi di wikileaks. Più lo scaricano e piu è disponibile. Cose che sa anche il mio papà di sessantacinque anni. Puoi farlo da casa, mentre bevi il tea con i biscotti. Non serve neppure che ti vesti da militare, non serve neppure che ti vesti, puoi anche girare nudo per casa, sorseggiando il tea e canticchiando “Nel fosco fin del secolo morente, sull’orizzonte cupo e desolato, già spunta l’alba minacciosamente del dì fatato”. Puoi perché non è guerra, perché soltanto una persona particolarmente ottusa può definire tutto questo guerra. Soltanto un militare, un uomo di stato o un giornalista , potrebbero definire tutto questo guerra. È guerra come lo è una partita a scacchi contro il computer. In più c’è chi rischia, chi è stato arrestato, ma se la vittoria è far circolare l’informazione, il vincitore è già deciso, non c’è gioco. Perché sono 15 anni che ci vendono computer, telefonini e adsl. Una stampante laser costa 80 euro e le fotocopie 0,08 centesimi. Questo è il mercato, ragazzo. Non l’abbiamo fatto noi tutto questo, ci abbiamo messo solo i soldi, sacrificato qualche neurone e un po’ o molta della nostra felicità. Mi viene in mente un pezzo dei Bad Religion: ‘Cuz I’m a 21st century digital boy, I don’t know how to live, but i’ve got a lot of toys. È guerra soltanto perché ci sono di mezzo stati, diplomazie e militari, altrimenti sarebbe la normalità: raccontare i cazzi propri o quelli degli altri su internet. Come è possibile che ai nostri governanti sia sfuggito che siamo tutti bravissimi a fare questa cosa? E perché loro pensavano di essere immuni da tutto questo?
Chiudere la stalla quando i buoi sono scappati, ma quando il bue esce, nel nostro mondo, non rientra più nella stalla. Credevo che il fenomeno della sovraesposizione mediatica, della moltiplicazione delle fonti di informazione fosse qualcosa di digerito, ma evidentemente non è così, se qualcuno pensa di poter rimettere a posto la candela e brontola indispettito: “è uno scandalo, è uno scandalo”. O forse è solo la reazione giusta, cioè l’unica possibile, l’arrocco di facciata. Di fronte a un attacco imprevisto torre, re e pedoni in formazione e contrattacco sotto coi cavalli, gli alfieri e la regina di cuori urla “tagliategli la testa, tagliategli la testa”. Ma l’unica mossa per vincere è farci annoiare. Wikileaks ha una strategia furba, perché ogni rilascio crea suspence, attesa, si colorisce di un che di romanzesco, il quartier generale, come la bat caverna. Sono bravi a fare questa cosa. Se ci annoiassimo wikileaks avrebbe perso. Ma per ora non ci annoiamo, e un’informazione che si voglia far circolare, non può essere fermata, anzi più si tenta di fermarla e più gira, perché siamo tutti dannatamente curiosi e il sistema dei media si basa sulla disponibilità di informazioni, e i documenti confidential dell’americani, so’ na bomba per chi campa di queste cose.
Servirà tutto ciò a migliorare il mondo? Boh, dipende da come riusciremo a far ricadere tutto questo flusso informativo sulla realtà, si esce dal web e si entra nel luogo più complesso della carne, dove i cambiamenti costano sangue e fatica, il mondo è fatto di prigioni, di violenze, dove se ci metti la faccia, spesso ti ritrovi anche il naso rotto.
Dicembre 11th, 2010 at 11:26 am
Io credo che dobbiamo indirizzare lo sguardo al piano politico delle azioni di Wikileaks. Sul sito di American Leftist (amleft.blogspot.com) ci sono delle riflessioni interessanti in tal senso. Wikileaks+Assange sono esponenti di un tipo di populismo internettiano?
Dicembre 14th, 2010 at 7:19 pm
Consenso, soprattutto sul mettere gli archivi nei porno.
(*accelerazione*)
Dicembre 21st, 2010 at 1:05 pm
Al riguardo è interessante leggere “Impero” di Antonio Negri e Michael Hardt, edito nel 2001 da Rizzoli. Almeno i capitoli come “la moltitudine contro l’impero” e “Telos, il diritto alla riappropriazione”.
Dicembre 21st, 2010 at 5:11 pm
Errata corrige: “Telos (il diritto alla riappropriazione)” è un paragrafo interessantissimo contenuto nel capitolo “La moltitudine contro l’impero”.