Il Web 0.0
Il 12 ottobre scorso, il Consiglio dei Ministri, ha approvato un Disegno di Legge presentato lo scorso 3 agosto intitolato “Nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore editoriale (disegno di legge 3 agosto 2007)”.
La cosa più squallida è che si permettano il richiamo all’articolo 21 della Costituzione:
Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.[…]
per varare una legge che darebbe un ulteriore giro di vite al sistema dell’informazione da sempre nelle mani di una ristretta cerchia di potentati economici e politici.
Il testo riprende alcune delle proposte già presentate nel recente passato ma non ancora diventate legge a proposito della disciplina del settore editoriale e dei finanziamenti pubblici.
La parte più innovativa e più preoccupante è quella che ridefinisce il “prodotto editoriale” e l’attività editoriale su Internet (Capo I, articoli 2-7).
Per prima cosa viene definito cosa si deve intendere per “prodotto editoriale”:
“Art. 2 (Definizione del prodotto editoriale)
1. Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da
finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento,
che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale
esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso.
2. Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola
informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico.
3. La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici
e audiovisivi.”
Come si può leggere al comma 1 la definizione è talmente vasta e talmente fumosa che potrebbe comprendere anche un sito web che pubblica solo annunci di feste di compleanno, perché non è necessario che l’attività sia fatta a scopo di lucro:
“Art. 5 (Esercizio dell’attività editoriale)
1. Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e
distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta
pubblicitaria. L’esercizio dell’attività editoriale può essere svolto anche in
forma non imprenditoriale per finalità non lucrative.”
La proposta di Legge prevede che chiunque eserciti “attività editoriale”, debba iscriversi in un apposito registro (articolo 6) e questo ai fini di tutelare “concorrenza, trasparenza e pluralismo” (sic!). Peccato che, scritta come è scritta, la legge costringerebbe all’iscrizione al Registro, che è pure a pagamento, sia i padroni di 3 reti televisive che i gestori di un misero blog.
Se chi ha pensato queste norme era intenzionato a rispettare il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” allora vuol dire che siamo davvero messi peggio della Cina.
Per il momento l’unica “scappatoia” per i siti Internet non legati al mediascape è fornita dal fatto che l’obbligo di registrazione al ROC è previsto esclusivamente per chi esercita “attività editoriale” (articolo 6 comma 1) e che i criteri, per definire chi deve iscriversi al ROC e chi non è invece tenuto a farlo, non sono ancora stati stabiliti, lo saranno (forse…) dopo che l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni avrà adottato un apposito regolamento (articolo 6 comma 4).
In altre parole: prima occorre che venga definita come “attività editoriale” la gestione di un blog e poi scatterà l’obbligo, per chi gestisce un blog, di iscriversi al ROC.
Sicuramente uno degli scopi dei legislatori è quello di far si che i procedimenti giudiziari, a proposito della diffamazione su Internet, diventino simili a quelli previsti dalla legge sulla stampa, vale a dire con condanne più pesanti per chi “insulta”. E, altrettanto sicuramente uno degli obiettivi è quello di colpire i (pochi) siti che fanno informazione indipendente.
D’altra parte chi ha scritto la legge non ha alcuna idea di come funziona Internet, per esempio non si è minimamente posto il problema riguardante la localizzazione dei server e di quello che comporterebbe considerare tutti i siti web come “prodotti editoriali”.
E come ogni commedia all’italiana che si rispetti abbiamo un finale dolce amaro: i ministri hanno approvato un testo senza neppure leggerlo e quindi, per il momento, i blog sono salvi. Almeno fino alla prossima giravolta…
P.s.
Per il titolo ringraziamo Tactical Media Crew