Un patto per la vita
Io sono nato e vissuto nel quartiere Aurora a Torino, un quartiere operario, ai margini del Lingottino, e degli stabilimenti della Michelin. Un quartiere di immigrazione, prima dal sud italia, poi con la chiusura della fabbriche, la svalutazione della zona, da tutto il resto del mondo degli sfigati.
Quando ero giovanetto e punk dalla chioma colorata, se la digos mi fermava, mi diceva “ah ma te abiti vicino alla casbah…”, intendendo i primi palazzi della via, dove si concentravano la maggior parte degli immigrati di colore. Questo faceva automaticamente di me un consumatore di sostanze
“svuota le tasche. e questo cos’e’ ? che ci fai con questi, ci tieni la polverina eh ?”
“ma veramente sarebbe lo scontrino del verduraio, basta che lo giri dall’altro lato”
“pigli per il culo ? guarda che lo sappiamo cosa fate, comunque vai, oggi non siamo qui per te”
Se una tempestiva ordinanza del comune di Torino, mi avesse proibito di andare in giro con i capelli colorati, e di nascere dove sono nato, mi sarei risparmiato un sacco di rogne e di fermi. Se i nostri governanti si sforzassero di farci assomigliare ad un modello ideale ispirato al principio del decoro, tutto sarebbe in fondo piu’ semplice. Io sono favorevole a questi patti per la sicurezza, e al vento moralizzatore che attraversa il reale e la rete tutta perche’ intervengono alla radice del problema: l’apparenza. Se partiamo dall’analisi concreta di un problema concreto, come dice il bel sindaco di Firenze Domenici, non possiamo che approdare ad un’operazione d’immagine. Perche’ l’immagine e’ zero e la sete e’ tutto, ma tutto nel mondo e’ immagine e apparenza, e allora anche la sete e’ immagine. Non dice forse il vangelo “date da bere agli assetati” ? Rovesciate catini di apparenza su di noi e saremo dissetati.
Iddio ve ne rendera’ merito.
Si puo’ camminare sulle acque se si ha fede, si apra il mar rosso di fronte a noi, e attraversiamolo tutti assieme, verso la terra promessa, la’ dove i frutti del decoro abbondano e non marciscono mai.
Tutta la societa’ dovrebbe essere permeata da questo slancio vitale, da questo abbandono, perche’ nell’apparenza sta la via per l’eternita’. Il corpo muore, e’ sporco, come i lavavetri ai semafori, come le scritte sui muri delle nostre citta’, ma lo spirito no, lo spirito e’ la mimesi di un’idea che risiede la’, nell’iperuranio, e’ l’immagine per eccellenza.
Possa iddio far piovere un diluvio di apparenza che purifichi i nostri corpi sudici di carne e sangue.
Settembre 23rd, 2007 at 8:02 pm
[…] Io sono nato e vissuto nel quartiere Aurora a Torino, un quartiere operario, ai margini del Lingottino, e degli stabilimenti della Michelin. Un quartiere di immigrazione, prima dal sud italia, poi con la chiusura della fabbriche, la svalutazione della zona, da tutto il resto del mondo degli sfigati. (more…) […]
Settembre 24th, 2007 at 2:50 pm
io sono invece nato e vissuto in calabria, nel suo profondo sud, distrutto da anni di lotte tra cosche mafiose…e’ per questo che quando dico “son calabrese” mi dicono “ah…mafioso?!?!?”…poi camminando con una macchina targata RC mi fermavano sempre ai posti di blocco “ma lei e’ mafioso???”…e forse capisco cosa significa essere “emarginati” e malamente etichettati…ma fortunatamente non son tutti cosi’!!!
una volta guardando i simpson vedevo che tutta la societa’ era stata tramutata in cloni di ned flanders per far si’ che la vita potesse andare bene senza alcun problema…tutti etichettati come l’uno uguale all’altro, ma nel vero senso della parola…potrebbe essere quello un modello ideale per tutti noi???
bhe’….cominciamo col dire “ciao ciaoino vicino!!!”
Settembre 26th, 2007 at 10:09 am
Ciao, solo una commento banale all’articolo:
“date da bere agli assettati”
Mi sa che c’e’ un errore di ortografia… “assetati” …
Buona vita!