Brain Fingerprinting: verso il controllo totale.

I deliri di onnipotenza dei fautori del controllo sembrano ormai non avere più limite e, grazie al solerte supporto, eticamente acritico, di una certa parte della cominità scientifica, si stanno concretizzando panorami a dir poco inquietanti.

La vecchia macchina della verità va in pensione lasciando spazio al Brain Fingerprinting uno strumento che secondo i suoi sviluppatori sarebbe in grado di determinare con estrema sicurezza se all’interno della memoria di una persona vi sia o meno una determinata informazione.

Tale dispositivo è frutto di una ricerca ventennale sviluppata dal professore americano Lawrence Farwell (neuroscienziato di Harvard) e dal suo staff (S.S. Smith, D.C. Richardson, R.S. Hernandez, P. Rapp e W.G. Iacono) all’interno di un filone di ricerca che ha portato poi alla creazione dei Brain Fingerprinting Laboratories, detentori del brevetto Brain Fingerprinting.

Si tratta di un sistema di testing, visto come insieme di sistemi hardware, software, algoritmi e procedure, progettato con lo scopo di registrare le diverse manifestazioni elettro-fisiologiche presenti durante l’attività celebrale, misurandole al fine di ricavare da queste delle informazioni utili a determinare la presenza di memorie preesistenti.

Alla vista di un’immagine nessuno potrebbe impedire che il proprio cervello reagisca emettendo lievissimi segnali elettrici. Questi segnali, conosciuti come P300, sono emissioni che si sprigionano dopo soli 300 millisecondi dal momento che l’individuo è stimolato, ad esempio, da una fotografia per lui particolarmente significativa. Viene più volte sottolineato allo stesso Farwell come tale sistema non abbia nulla a che vedere con “le emozioni che una persona può provare”, ma si limiterebbe a rilevare “scientificamente se un’informazione è presente o meno nel cervello” analizzato.

A più di due anni dal debutto del Brain Fingeprinting in un aula di un tribunale americano, le reazioni fra gli organi di repressione sono sempre più entusiaste e onnipotenti, fino a delineare scenari fantascientifici secondo cui nella mancanza d’impronte o di DNA, si potrebbe sfruttare il fatto secondo cui chi pianifica e/o esegue un crimine, anche solo in modo indiretto, avrebbe sicuramente una determinata tipologia di informazioni immagazzinate nella sua memoria: tramite il Brain Fingerprinting i “fuorilegge” potrebbero essere così identificati ancor prima di commettere reato.

L’assalto all’ultimo bastione della privacy è cominciato.
Il nuovo secolo continua il suo grigio corso, e ancora una volta l’uomo è chiamato a difendere la propria umanità.
Nessuno si senta escluso.

Links:
Brain fingerprints under scrutiny
Centre for cognitive liberty and ethics
A new paradigm in criminal investigations
BrainFingerprinting [ita]

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