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Al di qua e al di là dalle vetrine

sabato, Luglio 14th, 2012

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Tutte le vetrine del mondo oggi tirano un sospiro di sollievo. E’ arrivata quasi al termine una vicenda triste e dolorosa. Nel 2001 il rapporto che lega l’uomo contemporaneo alla vetrina aveva subito un pesante affronto. In quel luglio l’offesa era stata lavata nel sangue, come si conviene per le questioni d’onore. Non si deve infatti considerare la vetrina semplice manufatto, essa ha un suo valore intrinseco in cio’ che separa. C’e’ un di qua dalla vetrina e un al di la’ dalla medesima. L’al di la’ come sempre e’ cio’ che conta. L’uomo non e’ fatto per la futilita’ di questo luogo dove i corpi se spinti cadono e sanguinano e le voci urlano e gli occhi piangono.  L’uomo conosce realizzazione e felicita’ solo nell’al di la’ dalla vetrina.

In un’estate calda molte molte persone che pensavamo invece si potesse costruire la propria felicita’ nell’al di qua si riunirono. Nel caldo caldo del luglio essi provarono a dire che al di la’ della vetrina si cela il motivo di tanta sofferenza umana e di mille ingiuste ingiustizie.

La falsita’ di questi pensieri e’ chiara e evidente a tutti, ed anzi era parecchio che nell’al di la’ si attendeva un’occasione per la resa dei conti.

Nel nebbioso luglio s’imparti’ una severa, ma necessaria lezione. Qualcuno mori’, qualcuno si fece male nel corpo e nell’anima, ma fu tracciata con chiarezza la via. Si ribadi’ con forza un concetto importante: al di la’ c’e’ cio’ che conta, cio’ per cui vivere, sacrificarsi, soffrire. Al di la’, non al di qua.

Fu ristabilito l’unico e naturale equilibrio e a distanza di dieci anni possiamo permetterci di cristallizzare la storia con editti regi che sanciscano la vera verita’. I difensori dell’al di la’ tutto, vetrine comprese, siano lodati nei secoli dei secoli. Ma coloro che in fin del nostro bene hanno ecceduto siano blandamente puniti. Infatti fesso e’ colui che esagera lasciando prove evidenti del proprio misfatto, e mettendoci in imbarazzo. Apprezzabile invece chi sapientemente  di sabbia popola il deserto.

Per gli umani che pretendevano il riscatto dell’al di qua invece nessuna pieta’ vi fu allora, nessuna pieta’ vi sia adesso, ne’ mai. E se un giorno il mondo al di la’ delle vetrine implodera’  travolto dai cavalieri dell’apocalisse finanziaria, neppure allora vi sia pieta’ per costoro, e che salde rimangano le vetrine, ognuno al proprio posto. Difenderemo il castello di vetro con l’olio bollente, fino all’ultimo guardiano, fino all’ultima divinita’.

Cosi’ parlarono gli dei al di la’ delle vetrine che scricchiolano. Noi al di qua sentiamo i rumori e li guardiamo agitarsi e annaspare, grandi e grossi pesci rossi nell’acquario che si sono costruiti. Per nulla rassegnati o pronti ad ammettere che il loro mondo non sta in piedi. Hanno le idee chiare sul nostro futuro, noi molto meno. Lentamente impariamo dall’esperienza, e questo processo non e’ mai indolore. Spesso siamo costretti ad apprendere sulla pelle dei nostri compagni, mentre ci vediamo sottrarre gli amici. Funziona cosi’ nell’al di qua. La costruzione di una memoria collettiva che dia forza alle nostre idee e’ un processo lungo nel quale dobbiamo incamerare e far tesoro di tutto, felicita’ e  sofferenza.


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Genova 2001: la storia della Diaz è finita 11 anni fa // Diaz story has already ended 11 years ago

giovedì, Luglio 5th, 2012

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Oggi, 5 luglio 2012, la Cassazione ha definitivamente condannato una dozzina di alti papaveri della polizia italiana per aver mentito, falsificato prove e verbali che giustificassero l’operazione di giustizia sommaria portata a termine la notte del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz-Pertini e Diaz-Pascoli dove si trovava un dormitorio e il media center di chi si era mobilitato contro il G8 di Genova e tutto ciò che rappresentava. Nel corso di questi 11 anni di processi più di metà degli imputati e delle imputazioni sono scivolate via, divorate dalla prescrizione e dal desiderio di insabbiare quello che è accaduto quella notte. Non è bastato, e per una volta siamo qui a fare i conti con una verità in tribunale che quanto meno rende merito del fatto che qualcosa di assurdo, di atroce e di terribile sia accaduto in quei giorni.

Però la storia di quell’irruzione, della sua insensatezza, dell’arroganza di chi l’ha ordita cercando vendetta e seminando violenza su gente inerme e addormentata, solo per rifarsi dell’umiliazione politica e di strada subita durante i due giorni genovesi, è finita molto tempo fa. La storia non si fa nei tribunali. I tribunali sono funzionali al potere di cui fanno parte e al massimo possono farsi carico di giudicare una parte della storia (che non tutti i fatti sono rilevanti per un giudice e per la giustizia). La storia siamo noi; la storia è quella che tutti quelli che erano lì hanno vissuto e raccontato in questi anni, ed è molto più terribile di una manciata d’anni di condanne e della consolazione di una richiesta (che non verrà esaudita) di vedere questa gente espulsa da ciò che li rende più tronfi (il corpo); è quella che tutti coloro che erano incollati alla televisione non potranno mai dimenticati, l’atterrimento e lo sgomento provato, la sensazione di quanto effimera sia la democrazia di fronte alla necessità del potere di non mettersi in discussione.

E’ una soddisfazione per chi era lì con me? Penso di sì, tanti anni spesi per avere almeno uno straccio di carta da sventolare di fronte agli imbecilli a secco di informazioni. Ma non allevia la preoccupazione per quanto succederà settimana prossima. Quando 10 persone verranno giudicate e potenzialmente accusate di tutto quello che è successo a Genova. Loro erano lì. Come me, come molti di quelli che mi leggono. E Genova eravamo tutti noi. Ma pagheranno loro. Mentre molti di noi staranno a guardare. Avrei scambiato volentieri un colpo di spugna mal mascherato oggi con un’assoluzione tra una settimana. Ma non sarà così. E saranno anni lunghi in cui stare vicino a chi pagherà anche per me. Per noi.

Genova non è finita. Genova brucia ancora.
La storia siamo noi.


Today, July 5th 2012, the Supreme Court has definitively convicted a dozen of the highest ranking officials of the Italian police for having organized the raid in the Diaz-Pertini and Diaz-Pascoli schools where people slept and did media during Genoa G8 days back in 2001. They have been convicted particularly for having falsified evidence and for having lied about the reasons and the circumstances of the raid. During these 11 years of trials and courts most of the defendants and of the accusations have been washed away, gnawed at by the statute of limitation and by the desire of all the institutions to dump what happened that night and those days in the most hidden of places. Still they did not succeed into having people forget and forgive, and for once we are here dealing with a judicial truth that at least does not ignore that something shameful, horrible and unbelievable happened in those days and in that night.

But the story of the raid has already ended 11 years ago: its mindlessness; the arrogance of those who ordained it looking for vengeance and spreading violence on helpless people sleeping, trying to appease the political and “street” humiliation they had to endure during Genoa days; it’s all been there for a long time. History is not made by judges. Courts are part of the institutions and at the very most can acknowledge a side of the story people live (and everybody knows a lot of facts are not at all relevant for courts). We are history. History is what people felt and lived there that night. It’s what people told over and over these years, and it’s much more frightening than a bunch of year of conviction sown for lack of better ways to deal with what happened. It’s much more than the consolation of (maybe) seeing the accused people thrown out of what they care most for (the corps, the honour). History it’s what all the people mesmerized by the images and sound of their tv screen will never forget, aghast and ashamed of the feeling they clearly had of how feeble and faint democracy is in front of the absolute need of power not to be discussed or (worse) fought.

Are we (the ones who were there with me) satisfied? I guess so: so many years of our lives spent to wrestle at least a sodding paper to be waved under the nose of those who still won’t believe plain truth. But still all this won’t make a difference next week, when 10 people could be convicted by the Supreme Court to more than 100 years of jail, accusing them of all the things that happened in those days in genoa. They were there, of course. As I was. As we were. And Genoa was all of us. But it will be those 10 people to pay for it. And to pay dearly, while most of us will just stare still. I would have gladly traded a clumsily camouflaged coup to have the high ranking cops get away clean with an acquittal next week. But it won’t be so. And it will be so many years to not leave alone those who will pay for my struggle as well. For our struggle.

Genoa never ends. Genoa burns on.
We are history..